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Roma in Gioco

Roma in gioco. Itinerari di (ri)scoperta dello spazio pubblico

Autore ETICity [1]

Il contributo esplora le pratiche di gioco come parte di un processo più ampio di attribuzione e costruzione di senso dello spazio pubblico della città di Roma.

Parchi, strade, piazze sono intesi come costruiti e trasformati dalle pratiche: non spazi pubblici in quanto tali, magari condannati a progressiva erosione (Michell, 1995; Miles, 2006; Berdini, 2008; Bettini, 2009), ma costruzione plurale, che lega spazi fisici e soggetti (Crosta, 2000). Lo spazio pubblico è visto come prerequisito e sottoprodotto delle pratiche (Donolo, 2003): prerequisito, per la capacità degli spazi pubblici di attrarre una molteplicità di usi anche non preventivabili, di essere spazi in cui “il desiderio può accadere” (Lefebvre, 1968); e sottoprodotto, in virtù della qualità sociale conferita agli spazi attraverso le pratiche. Dunque, se si parte dall’assunto che “uno spazio diventa pubblico quando si mette alla prova la convivenza, quando si affrontano i problemi e i conflitti che emergono dalla condivisione dello spazio” (Crosta, 2000), possiamo intendere lo spazio pubblico come la domanda che di esso si fa e come la risposta che su di esso si propone: atto creativo e capacitante, scaturito da bisogni urbani, precisi e diversificati.

Riconoscere il mutamento che caratterizza la Roma di questi anni significa anche guardare la straordinaria moltiplicazione delle pratiche che la attraversano e che producono nuovi spazi pubblici. Tra tutte, le pratiche ludiche ci interessano per la forte componente relazionale che introducono e come processi di costruzione pubblica su uno spazio fisico non funzionalizzato né formalizzato, a disposizione di tutti.

Diversa, e spesso opposta, è la logica che guida le politiche urbane di gestione dello spazio pubblico, in cui normalizzazione e funzionalizzazione appaiono i criteri dominanti. Nell’azione del decisore pubblico, il ricorso alle norme e alle prescrizioni tende a precedere l’analisi di come siano vissuti e costruiti gli spazi della città: le politiche urbane rischiano, in altre parole, di inibire proprio le forze costruttive e costitutive, producendo sottrazione di possibilità e potenzialità, invece che addizione e cura.

Il parco di Piazza Vittorio, Piazza dell’Immacolata a San Lorenzo, il parco della Caffarella, il parco Schuster nel quartiere di San Paolo e le strade della città intera, come luoghi scelti per l’osservazione, diventano quindi l’occasione per esplorare le pratiche nella loro capacità di costruire nuovo senso per gli spazi della città. L’analisi dei casi, per necessaria brevità descritti nella tabella, è stata condotta attraverso tre chiavi interpretative: il rapporto che si instaura tra pratiche, qualità dello spazio fisico e senso del luogo; gli adattamenti e le negoziazioni che le pratiche inducono; il rapporto con le istituzioni.

Attività/Luoghi

Esigenze

Tipi di spazi

Attori

(Auto)gestione di attività e spazi

Piazza Vittorio Cricket Club Piazza VittorioScuola Di DonatoVilla de SanctisScuola Pisacane Giocare a cricket;allenarsi per partecipare a competizioni;socializzazione e gioco per i bambini delle scuole elementari. Parchi urbani pubblici e scuole elementari Adolescenti di Piazza Vittorio e in seguito di altri quartieri (immigrati e non);bambini delle scuole;associazione Piazza Vittorio Cricket Club. Negoziazione talvolta conflittuale per l’uso degli spazi nei parchi;gestione che passa progressivamente da informale a più formalizzata attraverso la creazione dell’associazione e la promozione dei tornei nelle scuole.
San Lorenzo Cambia! Quartiere San LorenzoPiazza dell’ImmacolataEsc-Atelier Autogestito Spazi attrezzati per le attività ludiche e culturali dei bambini e delle bambine del quartiere;sicurezza sociale;cura del quartiere. Esc-Atelier autogestito come luogo riparato per le attività invernali;la piazzaper le attività estive Associazioni di quartiere (Grande Cocomero, Con-creta-mente, Città delle mamme, Cittadine attive ed eventuali) e Centri sociali (Esc, C.s. 32);Laboratorio assembleare (San Lorenzo cambia, Cambia San Lorenzo!);i singoli cittadini. L’organizzazione delle attività è partita dal Laboratorio “San Lorenzo cambia, Cambia San Lorenzo!” che ha pubblicato un bando per attività didattiche e ludiche. Tali attività hanno riempito gli spazi del quartiere restituendo cittadinanza ai bambini e alle bambine di San Lorenzo. Le attività sono state autogestite e autofinanziate dai promotori.
Oasi Caffarella Valle della Caffarella Allenamento sportivo; palestra attrezzata all’aria aperta;cura dell’oasi. Parco regionale;lo spazio è stato dotato di infrastrutture autocostruite per praticare attività sportiva. Cittadini, interessati a praticare attività sportiva. I cittadini hanno costruito autonomamente la “palestra”, con tubi innocenti e si prendono cura della struttura e dello spazio circostante, responsabilizzando ciascun fruitore;hanno avuto rapporti difficili con gli altri utenti, poi migliorati.L’unica forma di autodefinizione è nel nome, Oasi Caffarella, e nella creazione di un gruppo su facebook.
Parco Schuster  San Paolo   Imparare ad andare in bicicletta;praticare il ballo in gruppo;aumentare la componente scenografica e evocativa propria del tipo di danza (Capoeria). Zona retrostante la Basilica di San Paolo, recentemente risistemata che unisce parco e piazza. I cittadini, non solo del quartiere, di varie fasce di età;la Parrocchia;il bar;l’associazione Capoeiras Urbani;un gruppo di genitori di una scuola elementare. L’organizzazione è basata principalmente su relazioni di tipo informale;il calendario è informalmente condiviso, e la frequenza è intermittente. I materiali necessari sono portati da casa.
Critical Mass Roma Reclamare spazi e tempi per la mobilità ciclabile. Contrastare il dominio indiscusso delle automobili nelle strade della città. Strade carrabili, una volta all’anno anche strade a scorrimento veloce. Ciclisti. Chiunque abbia una bici può partecipare; esiste anche la possibilità di prendere gratuitamente la bici per l’occasione in alcuni spazi e ciclofficine della città. La diffusione dell’iniziativa avviene principalmente attraverso la rete, tramite cui si gestiscono appuntamenti e percorsi. Anche le affissioni sono utilizzate come strumento di comunicazione con la città. Per il resto, la partecipazione e la configurazione dell’evento è completamente demandata ai singoli partecipanti.

Spazi, qualità, significati

Gli spazi osservati sono eterogenei, dotati di caratteristiche fisiche che hanno di volta in volta un peso diverso rispetto alle pratiche che vi si dispiegano.

È possibile ad esempio trovare luoghi ben progettati, come a parco Schuster, in cui le dimensioni, l’accessibilità, la qualità e la differenziazione degli elementi materiali consentono la coesistenza non conflittuale di una pluralità di pratiche. Di segno opposto il caso osservato a San Lorenzo, dove le pratiche si svolgono “contro” i caratteri attuali dello spazio, cioè per discuterne il degrado. Ancora diverso è quanto avviene all’Oasi Caffarella, dove l’orientamento è dato dal desiderio di articolare uno spazio libero sulla base delle proprie esigenze.

La localizzazione e la dimensione fisica assumono anche dimensioni simboliche. In particolare, a Piazza Vittorio e a Villa De Sanctis è la valenza simbolica dello spazio a dare significato alla pratica, che acquista valore proprio lì e non altrove. I due parchi hanno assunto infatti un valore rappresentativo della multietnicità della capitale e svolgono un importante ruolo di interfaccia tra le varie reti di migranti e la città, agendo come una superficie permeabile, aperta e visibile dove le diverse culture che abitano i territori di Roma si mettono in gioco. A San Lorenzo invece, il fatto di giocare non all’interno di spazi dedicati e circoscritti (parchi giochi, ludoteche) ma nella piazza reca con sé un forte valore rivendicativo: lo spazio pubblico deve essere per definizione accessibile e fruibile a tutti, in particolare ai bambini.

Un terzo livello riguarda la relazione tra lo spazio e la creazione di legami tra i suoi frequentatori: su questo, i casi confermano l’assenza di una connessione diretta e “spontanea”. A parco Schuster, ad esempio, i gruppi che lo utilizzano si formano altrove: in parrocchia o attraverso facebook. Mentre alla Caffarella sono il senso di appropriazione e la “cura” che fungono da collante nella creazione di una comunità. In altri casi, come nella critical mass, il legame che si crea è temporaneo ma molto forte perché accomunato dalla medesima spinta di riappropriazione simbolica delle strade della città.

Adattamenti, appropriazioni, relazioni

Lo spazio formalmente pubblico diventa, attraverso il gioco, uno spazio che si densifica attraverso adattamenti e negoziazioni.

Si assiste dunque a un adattamento dello spazio, come nel caso della palestra all’aperto della Caffarella o come le attrezzature per il gioco che vengono portate a San Lorenzo. All’adattamento dello spazio si aggiunge un adattamento allo spazio, da parte di chi sceglie di non confinare le proprie attività a contesti privati o più normati: i partecipanti adeguano infatti le attività al contesto fisico in cui si trovano, ad esempio modificando la forma del campo di gioco. Si tratta di aggiustamenti che consentono, in cambio di un certo sforzo, di fare uso di un bene collettivo che è a disposizione di tutti, ma che spesso viene reso nei fatti indisponibile.

Un altro tipo di adattamento è quello tra pratiche diverse (Koolhaas, 2001; Amin, 2002): talvolta, si arriva a costruire una sorta di calendario informale, producendo una regolarità che diventa importante nella vita del quartiere, come per la pista del campo Schuster. In altri casi le dinamiche sono più conflittuali, come alla Caffarella, o hanno uno scopo ostensivo, come nella critical mass. Analogamente, il gioco del cricket in uno spazio aperto e visibile a tutta la città contiene in sé un senso di appropriazione che non è protesta, ma che ha la forma di una dichiarazione di esistenza da parte dei giovani immigrati. Forme che fanno parte del processo di costruzione dell’essere cittadini, realizzato in questo caso attraverso quello strumento immaginifico e creativo che è il gioco.

Istituzioni, domande, spazio pubblico

A fronte della capacità di auto-organizzazione che le pratiche descritte mostrano, ci si chiede come queste si pongano rispetto all’agire istituzionale. Da questo punto di vista, le pratiche indagate si caratterizzano a un primo sguardo per la loro varietà. Ci si muove dalla sfiducia e dalla convinzione di dover proseguire in modo clandestino (Oasi Caffarella), a una collaborazione proficua con alcuni attori pubblici particolarmente sensibili (come le scuole elementari, nel caso del cricket); da una chiara contrapposizione rispetto ad alcune tendenze che le politiche urbane manifestano (critical mass, esperienze di San Lorenzo), a una pacifica fruizione dello spazio (parco Schuster). È però possibile rintracciare un fondamentale carattere comune, che riguarda il senso profondo dell’idea di “pubblico”.

Le pratiche nascono infatti da una domanda collettiva di spazi sicuri, accessibili e aperti. E, nel loro darsi, si qualificano come una risposta possibile a cui l’attore pubblico può dare maggiore o minore attenzione. Ma, a uno sguardo più attento, esse vanno ben oltre la domanda iniziale: sembrano capaci, cioè, di riformulare la domanda stessa, ampliandola ad altre esigenze, che attengono alla natura stessa dello spazio pubblico. Attraverso la pratica socializzata del gioco si realizzano infatti processi di auto-organizzazione, di negoziazione dello spazio comune, di richiesta di riconoscimento e visibilità, di possibilità di condivisione, che superano il soddisfacimento funzionale della domanda di partenza. Questo processo, già molto chiaro e consapevole nel caso della critical mass, è presente anche negli altri esempi indagati.

A San Lorenzo, le mamme non si limitano a chiedere uno spazio apposito, che in parte già esiste, ma cercano di rendere le strade e le piazze del quartiere adatte anche al gioco dei loro figli. Gli atleti della Caffarella riconoscono nella libera organizzazione di uno spazio di tutti uno dei fattori che ha reso importante e duratura la loro esperienza. Lo stesso vale per il parco Schuster, in cui sembra che svolgere diverse attività organizzate all’aperto rappresenti un valore in sé, che nessuna struttura monofunzionale potrebbe soddisfare. Anche il gioco del cricket, caricandosi della visibilità legata a uno spazio di tutti, supera l’esigenza di un campo da gioco, per concretizzare un bisogno di riconoscimento e di appropriazione.

Questo non significa ovviamente che la città “va bene così com’è” e che l’istituzione può limitarsi a non ostacolare queste pratiche: significa piuttosto che la domanda che queste pratiche lasciano emergere non è strettamente funzionale, ma sistematica, ricca, complessa.

Nel momento cioè in cui le pratiche toccano uno spazio pubblico finiscono, quasi paradossalmente, non per occuparlo a discapito di altri, sebbene talvolta questo possa accadere o si possa percepire, ma per restituirlo alla città intera. È in questo senso che le pratiche, attivamente, aumentano la qualità della città di tutti, e creano lo spazio pubblico.

Bibliografia

Amin, Ash (2002) Ethnicity and the multicultural city: living with diversity, Environment and Planning A, 34, pp. 959-980

Bettini, Fabrizio (2010) Spazio Pubblico, declino, difesa riconquista. Roma: Ediesse, Editore

Crosta, Pier Luigi (2000) Società e territorio, al plurale. Lo spazio pubblico – quale bene pubblico – come esito eventuale dell’interazione sociale, Foedus, 1 pp. 40-53

Crosta, Pier Luigi (2009) Casi di Politiche Urbane, La pratica delle pratiche dell’uso del territorio. Milano: Franco Angeli.

Donolo, Carlo (2003) Governare i beni comuni. Milano: Franco Angeli

Koolhaas, Rem (2001) Delirious New York. Milano: Electa

Lefebvre, Henry (1968) Le Droit à la ville, Paris: Anthropos (seconda edizione) Paris: Ed. du Seuil, Collection Points

Mitchell, Don (1995) The End of Public Space? People’s Park, Definitions of the Public, and Democracy. Annals of the Association of American Geographers, Vol. 85, No. 1. pp. 108-133.

Miles, Malcom (2006) Reclaiming the public sphere. Paper for the  conference ‘Art and the City’, University of Amsterdam, May 10th -12th 2006


[1]  Alla stesura di quest’articolo ha contribuito anche Marcella Iannuzzi.